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L'angolo (Radio)Tecnico

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Watt Radio mod. Popolare 36


Buonasera,
sono venuto in possesso di una Watt Radio modello Popolare 36 e vorrei sapere qualche cosa della storia di questo modello di radio: fa parte delle radio "politiche" a bassissimo costo realizzate per poter ascoltare la voce del regime? Circuitalmente infatti si tratta di un tre valvole a reazione ed è un regresso notevole in un epoca in cui la supreterodina ormai la faceva da padrona mentre il mobile è essenziale e la scala parlante non monta nemmeno il vetro ...

Grazie, Paolo.

Re: Watt Radio mod. Popolare 36

La tua radio Watt non è espressamente una radio di Regime come Balilla e Roma ma uno dei rari tentativi italiani di radio a basso costo. Gli apparecchi a poche valvole, Ballile e Roma comprese, non hanno avuto successo qui' da noi. Qualcuno da la colpa alla scarsa copertura dei trasmettitori per un territorio montuoso come quello italico con la conseguenza che radio come queste non davano soddisfazione. Altri l'incapacità o la volontà dell'industria a fornire apparecchi a basso costo preferendo puntare su meno apparecchi ma con maggior margine di guadagno. Altri citano la modesta diffusione della radiofonia (il nr degli abbonati all'EIAR era percentualmente fra i più bassi d'Europa) e la scarsa capacità di spesa del ceto medio/basso. Basta scorrere fra i modelli delle varie case Italiane, ben poche sono quelle a 3 valvole. Qualche Watt, qualche Telefunken forse un paio di Unda e la produzione di piccole case come Pron, Simplex o Hertz. a metà del '30 grandi marchi puntavano tutto sul 5 valvole con solo qualche modello Reflex a 4 tubi. Per es Marelli ha prodotto la sole Ual Ual con quattro valvole e pure la piccola Fido è già un 5. Ma non è che la reazione sia da considerarsi un regresso rispetto alla supereterodina, basta andare a curiosare fra la produzione tedesca per vedere che altrove la situazione era assai diversa. A parte l'enormità di VE301, DKE e 301Dyn prodotte, tutte le case avevano in catalogo radio a reazione o simili con una varietà di schemi e soluzioni circuitali infinita e tutto questo fino ai primi anni '50.

Re: Watt Radio mod. Popolare 36


Buonasera,
la ringrazio per le interessanti e ragionate informazioni!

Un saluto, Paolo.

Re: Watt Radio mod. Popolare 36

Tenga anche presente, Paolo, che l'operazione "radio di regime" fu sottofinanziata in modo mostruoso (come d'altronde tutte le imprese del regime fascista, a cominciare dall'esercito mandato in guerra con le scarpe di cartone e dal Vallo Alpino che a guerra iniziata non era nemmeno a meta'...) e spesso condotta con strategie che non saprei come altro definire se non "demenziali". Un esempio su tutti: l'idea veramente infantile di NON dotare le scuole e i circoli di Radio Rurali, bensi' di darle loro solo in prestito, per poco tempo, a rotazione , nella convinzione che dopo averle provate dette scuole e circoli si sarebbero svenati pur di comprarne una. Come se le trasmissioni di regime fossero veramente interessanti, e come se i soldi che non c'erano si potessero creare con la bacchetta magica.

Emerge inoltre abbastanza chiaramente dall'analisi documentale che le case costruttrici producessero con scarsissimo entusiasmo questi modelli, poco accattivanti e scarsamente remunerativi nonostante il prezzo di vendita fosse, a parer mio, comunque esageratamente elevato vista la tipologia di prodotto. Difatti ebbero scarso successo. Va inoltre aggiunto il fatto che il tutto era gravato da tasse pazzesche: tasse su ogni singola valvola, marche da bollo su ogni ricevuta e/o fattura e/o bolla di trasporto (se si guardano i documenti dell'epoca, sono tappezzati di marche, contromarche, annulli e francobolli...) e poi c'era il non certo economico - anzi carissimo - abbonamento all'EIAR, anche questo completamente privo di senso se l'intenzione del regime era quello di fare delle trasmissioni - per l'appunto - d'indottrinamento gestite dallo Stato. Ci mancava solo che un cittadino, per farsi indottrinare dal regime, pagasse pure di tasca sua e profumatamente. Stante l'obiettivo, e' del tutto ovvio che le radiotrasmissioni circolari sarebbero dovute essere offerte dallo Stato, e capillarmente sul territorio.

Alla fine la somma, della quale il radioricevitore in se' costituiva solo una frazione, era tale per cui il risparmio per aver acquistato un modello "di regime" rispetto a un modello normale di bassa gamma era pressoche' trascurabile all'atto pratico. La mia impressione e' che chi potesse raggiungere quel livello di spesa, potesse anche tranquillamente fare un piccolo sforzo in piu' ed acquistare una piccola radio "normale", senza fasci littorii, spighe di grano ed M di Mussolini da tutte le parti (e il modello economico che ha lei in mano ben lo testimonia!); viceversa chi non fosse stato economicamente in grado d'accollarsi un esborso del genere, non avrebbe potuto comunque permettersi nemmeno una radio di regime a prezzo calmierato: in ogni caso era una spesa al di fuori della sua portata e qualche lira in piu' o in meno non cambiava proprio nulla.

Al tutto va aggiunto, come ha gia' ben delineato Maurizio, il diffuso analfabetismo ed il gravissimo stato di sottosviluppo sociale, economico e tecnico dell'Italia ed in particolare del sud (le cartine tematiche sulla radiodiffusione dell'epoca sono addirittura agghiaccianti...); stato di cose che peraltro, MUTATIS MUTANDIS, perdura tutt'ora.